Mi sveglio con la consapevolezza che per me mancano ormai pochi giorni alla fine delle superiori. Il sole fatica a nascondersi dietro alle griglie della mia stanza, rimango a letto ancora qualche istante ad osservare le foto appese che aiutano in pochi istanti a rispolverare anni di ricordi(per questo amo la fotografia!!). Esco di casa alle 7:14, e corro per dirigermi alla fermata del pullman che passerà tra due minuti. Con me il mio immancabile zaino della North Face con tanto di amuleto porta-sfortuna preso a Napoli poco più di un’annetto fa e la Divina Commedia di Tedua riprodotta in loop nelle mie cuffiette, assieme a qualche altra canzone anni 80 malinconica.

Verifiche, interrogazioni, collegamenti d’esame, ansia, tensione, adrenalina nascondono la vera essenza di questo maggio, che la mia testa non smette di etichettare come “ultimo maggio”.  Questo è un mese che coalizzandosi con il tempo e con le piogge, ha deciso di portare malinconia e tenerla a terra,senza disperderla. Il poco sole che c’è oggi però non mi basta per non essere assalito da una quantità di ricordi indefinita, che mi fa venir voglia di mettermi a piangere qui, in questo pullman ricolmo di studenti.

Penso agli ultimi tre anni, quelli vissuti veramente, per noi che abbiamo scontato la reclusione della pandemia. Penso a tutti quei pullman e treni presi all’ultimo, alle canzoni ascoltate in fondo alla classe o durante i tragitti con gli altri o in solitudine, ai miei compagni, al comitato studentesco, alla gita a Napoli, alle partite di calcio con il Lago Duria, alla pausa pranzo, alle schedine perse dall’ultimo banco, agli scherzi a Redondi…L’elenco è infinito.

Ma forse non è nostalgia quella che provo. Non è il rimpianto di momenti andati che mi disorienta, che mi fa sospirare mentre entro nell’atrio affollato di ragazzi entusiasti per la fine della scuola.

Forse a confondermi è la mia fedeltà assoluta verso il passato, che mi rende inadeguato.

Anni fa sognavo questa vita, quella vita che guardavo nelle serie tv americane, negli anime, nelle canzoni degli 883, nel film “Notte prima degli esami”, con il protagonista e la sua cerchia di amici, che con il loro Ciao vivevano una apparente e spensierata realtà in stile anni 90, fatta di vinili e musica, feste, ma anche di delusioni, tristezza e fatica: dopo anni di pandemia sto vivendo tutto questo, per davvero.

Solo ora mi rendo conto del fatto che anche io sono protagonista della mia vita, anche io ho un vissuto tale da poter ricondurre a ogni apparentemente insignificante oggetto una storia, divertente o triste che sia. E proprio ora che stavo iniziando ad accorgermene, mi trovo a partecipare alla mia ultima cogestione scolastica.

Alcuni direbbero “non piangere perché è finita, sorridi perché é successo”, ma a questo punto il futuro sembra soltanto l’inizio di un tunnel buio pesto dopo anni di sole raggiante.

La scuola, per me e per tanti altri è stata ed è oggi più che mai anestesia, nel vero senso della parola. Questo perchè, dopo la farsa dell’esame di maturità, saremo catapultati nella cosiddetta vita vera, fatta di guerra, paura, sottomissione, chiusura, solitudine.

Tanti, trovandosi di fronte a questo scenario preferiscono trovare una via di fuga, trovando la loro quieta e piacevole disperazione fatta di spente distrazioni e dipendenze di ogni tipo.

La sfida più grande che dovremo affrontare appena usciti da qui sarà quindi quella di scegliere tra la rimpicciolita felicità di massa degli ultimi uomini, «le sostanze», o una vita più bella, grande, «di sostanza», fatta di quell’innocenza, creatività, gioia, amore, che ci contraddistingueva anche quando le nostre uniche preoccupazioni erano quelle di non prendere il debito in matematica d’estate.